sabato 29 settembre 2012

Quello che provi prima di morire


Ieri ho avuto paura. Forse è quello che provi prima di morire. E' suonato l'allarme. La mamma mi ha spiegato che quando si sente la sirena, bisogna mollare tutto e scappare, perchè arrivano le bombe. Vogliono distruggere la ferrovia, che passa proprio vicino a Oltrisarco, dove abito, in piazza Bersaglio. Oppure vogliono colpire la stazione. Al rifugio qualcuno diceva che una bomba è caduta sul teatro, in piazza Verdi, lo ha distrutto tutto. Speriamo che non cada anche sulla mia casa.
Il papà ha detto che quando suona la sirena, si deve correre fin su sotto il Virgolo. Lì c'è il rifugio. Bisogna correre, a più non posso. Io ho dodici anni e quando non c'è il papà sono io l'uomo di casa e devo aiutare la mamma. Così ha detto il papà. Mi devo infilare la giacca e iniziare a correre, senza voltarmi, la mamma si porta dietro mia sorella che è più piccola e fa i capricci. Giù dalle scale, di corsa, senza voltarmi.
Ieri però, ho avuto paura. Sono arrivato al rifugio che già sentivo le bombe arrivare. Sono entrato, ma mia mamma e mia sorella erano ancora per strada. Ho guardato indietro e le ho viste. Un attimo dopo sono entrate nella galleria e in quel momento si è sentito un boato tremendo. Tremava tutto. Ho pensato che ci sarebbe crollata addosso la montagna. Mia madre con mia sorella in braccio era caduta a terra. Qualcuno l'ha aiutata a rialzarsi. Non era ferita, è stato solo lo spostamento d'aria, hanno detto, c'era tanta polvere. Ci siamo seduti nel rifugio che era già pieno di gente. Ci sono sempre tanti bambini che piangono, io no, non piango, io. Ci sono tante donne che pregano. Non ci sono vecchi. I vecchi di Oltrisarco vanno in cantina e sperano che la bomba non colpisca la loro casa. I vecchi non corrono.
Ieri ho avuto paura. Forse è quello che si prova prima di morire. Quando siamo usciti, appena fuori dalla galleria, c'erano i resti di un treno sparsi tutto intorno. Ho visto un uomo a terra. C'era tanto sangue, non si vedevano le gambe. Aveva gli occhi sbarrati. Mia madre mi ha tirato per il braccio, mi ha detto: “non guardare Ezio!” mentre con l'altra mano chiudeva gli occhi a mia sorella. Siamo tornati di corsa a casa. Io però lo conoscevo, il morto senza gambe. Era quello che abita vicino alla scuola elementare. Vende carbone, legno, ferro, credo. Io e il Felice entriamo spesso di nascosto per rubare nel suo orto, proprio attaccato alla ferrovia. C'è l'albero di fichi e da un buco nel muro si entra anche in cantina. Lì ci sono le patate. E' un vecchio cattivo. Una volta ci ha sorpreso in giardino e ci ha mollato dietro il Bobi. Ma noi siamo stati più veloci e abbiamo scavalcato il muro e siamo scappati oltre la ferrovia. A casa mia c'è poca roba da mangiare. La mamma però non lo sa che io vado lì. Non gli serviranno più le patate, al morto senza gambe. Lo devo dire al Felice. Da domani possiamo prenderle tutte, quelle patate.
Bolzano, 20 settembre 1943

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