giovedì 13 giugno 2013

The Artificial Harbor - Un mare di musica per una grande amicizia



Foto di TAH


 Parlando con i componenti di un gruppo musicale, ti rendi conto che non c'è solo la musica a far da scintilla per la nascita di una band, molto spesso c'è una grande amicizia, nata durante l'infanzia, la gioventù o sui banchi di scuola. The artificial Harbor hanno proprio l'amicizia quale denominatore comune, l'amicizia e il mare. Infatti si chiamano "Il porto artificiale", quel luogo meta di vacanzieri e viaggiatori come loro, che sono in continuo spostamento tra Bressanone e Vienna, tra l'Alto Adige e l'Austria, per suonare e per cantare insieme. Si chiamano Julian Angerer (Voice/Guitar), Alexander Duml (Bass), Nikolaus Comploi (Drums/Voice), Nora Pider (Organ/Voice), Bernhard Busetti (Guitar/Mandoline). Una musica Indie folk con elementi rock e psicadelici, che racconta storie piene di metafore e simboli...
Ecco a voi The Artificial Harbor, gli amici da sempre!

The Artificial Harbor – ovvero il porto artificiale -Da cosa deriva il nome del gruppo e perché ?
Ci piacciono le metafore, i porti e il mare.

Ho letto che siete amici da molto tempo. Come vi siete conosciuti e come avete iniziato a
Foto di TAH
condividere la passione per la musica
Indie Folk ? Da quale musica folk prendete ispirazione?

Siamo amici da sempre, abbiamo trascorso insieme quasi tutta la nostra gioventù. Insieme abbiamo iniziato a suonare. Nei primi anni sopratutto cover, poi abbiamo iniziato a scrivere pezzi propri, del genere musica Indie, all’inizio con delle influenze folk poi pian piano abbiamo inserito anche elementi rock e psichedelici…
Vivete tra Bressanone e Vienna. La sala prove si trova al … Brennero? Come organizzate le prove?

La nostra sala di prova si trova a Millan vicino a Bressanone. Due o tre giorni prima dei concerti facciamo le prove nello studio a Millan, e pure a Vienna,dipende dove si suona. Poi durante le ferie cerchiamo ricuperare il tempo perso e di lavorare sodo. Per tutto il resto abbiamo Skype •
Foto di TAH
Fate molti concerti all'estero, sopratutto in Austria e Germania. Ci sono più occasioni per suonare, più locali o più festival musicali all'estero? Il genere musicale indie folk è molto seguito?

Ovviamente in una cittá come Vienna si trovano molti club e locali per suonare, la gente é più abituata allo stile che suoniamo. In Alto Adige siamo presenti soprattutto sui festival estivi. In prima linea cerchiamo di diffondere la nostra musica, siamo curiosi come reagisce il pubblico nei diversi posti.

Avete trovato molte differenze tra il pubblico nostrano e il pubblico straniero?

Cerchiamo sempre di convincere il pubblico, non dipende dal luogo dove suoniamo.

Come nascono le vostre canzoni, chi scrive i testi e di cosa parlano le vostre canzoni ed in particolare “Summer, YO”?

Troviamo ispirazione nella quotidianità, nelle paure, nei sogni, e negli sentimenti che abbiamo, sono testi autobiografici -ma non solo, utilizziamo dei mezzi stilistici come le metafore o i simboli per descrivere le storie che raccontiamo. La musica viene scritta per lo piú insieme. Magari uno di noi porta una idea registrata e la elaboriamo finché ci piace. È sempre interessante come ogni idea principale cambia e si sviluppa fino a diventare un song degli TAH. Un processo simile e avvenuto anche con “Summer, Yo!”. É una canzone molta personale, autobiografica, che parla della nostalgia, della paura, ma da anche della speranza per un futuro migliore.
Abbiamo registrata la canzone assieme con Elias Gamper nella nostra sala prove. L'organo è stato registrato nel duomo di Bressanone. Il processo di registrazione era molto interessante per noi.

Nel 2012 avete registrato un ep autoprodotto, dal titolo Greenfields. State lavorando al nuovo album? Quando uscirà? La vostra musica è cambiata rispetto al primo EP?

Abbiamo giá iniziato con la registrazione, peró non abbiamo deciso quando uscirà. É sempre un percorso lungo e cerchiamo di prenderci abbastanza tempo. In effetti la nostra musica è cambiata, forse maturata, soprattutto nello stile di scrivere e ci stiamo allontanando dal folk. Un processo di maturazione che si puó notare in “Summer, Yo!”. Le nuove canzoni attualmente si possono solo sentire nei nostri concerti.

Avete in programma la partecipazione ad altri contest, magari anche all'estero?
Foto di TAH

Pensate possano essere utili per diffondere la vostra musica?
I contest in generale ci hanno sempre arricchiti. Abbiamo vinto un contest nel 2011 dove come premio abbiamo suonato sul Donauinselfest a Vienna sul palco del radio fm4. Un esperienza fantastica. In prima linea peró ci interesse a fare musica, certamente i contest aiutano a fare diffondere la nostra musica e aumentare la nostra notorietà 

Quali sono i vostri programmi per il futuro?
Suonare tanti concerti, finire di registrare e fare una vacanza al mare insieme alla nostra crew!

http://www.theartificialharbor.com/
http://www.facebook.com/theartificialharbor


martedì 11 giugno 2013

The Cramps Project - La band che non c'era

Ema, Dam, Lor Colombi
 E' la vera sorpresa di Upload: the Cramps Project, ovvero un progetto musicale composto da Emanuele Colombi, Agostino Pisanelli, Marco Scippacercola e Roberto Motta. In realtà sono un cantante (ex del gruppo the Drama), musicista, creativo e attore di cabaret (è uno dei Cababoz), con tre amici musicisti. Tutti di Bressanone.
Ma andiamo per ordine e vediamo come sono andate le cose. Due settimane fa, mi trovo in birreria a Bolzano con Emanuele e Agostino, per l'intervista più curiosa che io potessi fare, l'intervista alla band che non c'era. Ho contattato Emanuele via mail, non li conosco neppure. Appuntamento sotto il Walther e poi, davanti ad una birretta, iniziano a raccontarmi la nascita di una canzone.
Tutto risale ad un po' di tempo fa. Emanuele una notte si rifugia in cantina, “abbracciato ad una bottiglia di gin, con il cuore spezzato", dice dandosi un tono un po' bohemien. Ha con sé una chitarra ed un registratore. Butta giù un pezzo, che é una sorta di sfogo, in cui mette dentro tutti i cocci del suo giovane cuore. Alla mattina, smaltiti i fumi dell'alcol, si ritrova per le mani un pezzo che, a parte la registrazione, non è per niente male. Solo che è un pezzo un po' “nudo”. Chiede allora una mano agli amici, (quelli che ci sono sempre nel momento del bisogno) che rispondono alla chiamata: Roberto Motta (Bob), corista, fonico, polistrumentista, componente del gruppo Prihate. Poi Agostino (Ago) e Marco “Il Scippa” componenti, con i fratelli di Emanuele, Lorenzo (Lollo) e Damiano (Dam), della band Ametyst Bridget, gruppo rock metal “prog”.
Teo e Bob
Si ritrovano tutti da Teo Colonna, (altro amico) che (guarda a caso!) ha una soffitta ben attrezzata e registrano il pezzo. Mettono un “vestitino” perfetto agli accordi e alla voce di Emanuele. Ne rispettano l'idea e le sonorità: mettono da parte per una volta batteria e chitarre elettriche e tirano fuori armonie, acusticanze, percussioni, solo per il pezzo dell'amico dal cuore infranto. Diventa un pezzo intenso, che ha come protagonista proprio la voce di Emanuele. Si iscrivono ad Upload, - perché il pezzo potesse essere ascoltato – dice Ema, lo carica come per metterlo in un contenitore, una piattaforma virtuale a cui possono accedere tutti.
Scippa
Ma lui non pensa al contest, il pezzo è lì e lui, archiviato lo stile bohemien torna ai suoi studi. Guarda il caso, a volte, è proprio quando uno non se lo aspetta... Grazie al pezzo la band, che non è una vera e propria band - ma non è neanche un gruppo di pivellini - passa le selezioni.
L'intervista continua e chiedo ancora a loro qual'è la situazione di Bressanone per quanto riguarda gli spazi per la musica. Secondo loro la situazione non è buona, ci sono due centri giovanili, separati per gruppi linguistici, mancano gli spazi idonei per suonare o fare ascoltare musica. I concerti nei centri giovanili sono di scarso successo anche come affluenza di pubblico: forse uno spazio idoneo e comune per i due gruppi linguistici potrebbe migliorare l'offerta musicale e dare maggiori possibilità per scambi, confronti e per poter crescere musicalmente. Interessante sarebbe effettivamente la tanto auspicata ristrutturazione dell'ex cinema Astra (ex GIL) dove potrebbero essere ricavati spazi per attività giovanili, attrezzandolo bene anche per l'utilizzo per la musica.
Ago

Ma dopo Upload continueranno insieme o separati? Bisognerà vedere, molto dipende dalla disponibilità di ognuno, ma è qui la vera differenza tra una band e un progetto musicale: quest'ultimo è flessibile e mutevole. Anche nella formazione. - A seconda di quello che abbiamo in mente e di chi occorre cambiamo approccio e componenti, per il puro gusto di fare un poco di musica -, precisa Emanuele. Intanto pensano all'audizione, che è una vera occasione e vogliono giocarsela fino in fondo. Simpatici quelli de The Cramps Projekt, più che una band, (dico io) una specie di compagnia dell'anello, uniti per raggiungere uno scopo preciso: trasformare i cocci del cuore di Emanuele in uno dei pezzi più intensi di Upload. Riusciranno i nostri eroi a raggiungere il monte Fato e convincere la giuria di qualità?


domenica 9 giugno 2013

Wooden Collective - Un trio di acusticanze a lume di Candela

 
Foto di Matteo Scalet


La loro musica mi fa spesso da colonna sonora nei miei tragitti casa-lavoro. Li conosco personalmente e sono venuti a casa mia per un "concerto da salotto", visto che avevo vinto il loro concorso su facebook. Sono il trio delle acusticanze, della musica educata, dei suoni delicati ma raffinati, adatti anche per una cena a lume di candela. Candela appunto è il cognome del cantante, Iacopo, che con Francesco e Stefano (Joe Barba) formano il Wooden Collective. Musicisti che non sgomitano, ma che continuano a lavorare in silenzio, o per meglio dire a suonare, per poter uscire a breve con qualcosa di nuovo, in italiano questa volta. Se io fossi nella giuria di Upload (eh, si, eppoi?) non riuscirei ad essere imparziale. La loro musica è la quiete dopo la tempesta.
Ecco come Iacopo ha risposto alle domande di Eva Corre.

Foto di Isacco Tosoni
Formate la band nel 2010, provenendo da altre esperienze musicali, dei gruppi più rock, che continuate a portare avanti separatamente. Perché avete avuto il desiderio di suonare qualcosa di più intimo, più delicato? Siete dei rockers dal cuore di panna o le norme antidecibel si sono fatte più rigide?

In realtà io ho sempre avuto il cuore di panna, ho iniziato a suonare in un duo acustico e il collettivo (prima solo poi in 3) ne è stata la naturale evoluzione, i Junow sono venuti dopo. Frank aveva i Lickers ma stava diventando vecchio e panzone e andava cercando esperienze musicali meno faticose (è lui che insiste a farci suonare seduti), Jb era uno squirto convinto ed è stata dura portarlo alle nostre lagne ma è bastato fargli capire che col collettivo avrebbe potuto molestare molte più ragazzine.

La vostra musica è un indie pop raffinato. Ci sono gruppi o artisti ai quali vi ispirate? Più americani o più british?

Nel primo disco ci siamo ispirati a tutto, volevamo fare lo swing, poi in reggae, poi il brit-pop, poi il folk, adesso è il contrario, l’ italiano ci ha messo nella condizione di non poterci ispirare a niente, sopraffatti dalla nostra ignoranza in questo campo. Inizialmente ci si sente un po’ persi ma è anche un buon modo per sentirsi liberi. Quello che uscirà sarà solo nostro, nel bene e nel male.

Nel 2011 avete vinto il premio al festival acustico di Trento e avete fatto uscire il primo cd,
Foto di Alessandro Pipino
registrato allo studio Gulliver di Susà di Pergine. E' un album che contiene pezzi dalle sfumature molto diverse, ritmi africaneggianti, reggeggianti, arie più romantiche, altre più allegre, di tutto un po'. Come sta evolvendo la vostra musica?


Come anticipato stiamo lavorando sul cambio di lingua e vorremmo uscire con uno o più singoli per l’autunno. Il processo creativo ha subito un forte rallentamento visto che abbiamo fatto più concerti che prove nell’ultimo anno ma le idee e i pezzi non mancano. Resta di fondo lo stampo melodico che abbiamo sempre portato avanti a spada tratta condito da sfumature che hanno sapori forse ancora più “vintage” di prima , qualcosa risulta semplificato per meglio adattarsi alle metriche della lingua e c’è più attenzione alle dinamiche. I brani tra loro sono forse più coerenti.
Pensate di introdurre nuovi elementi o il trio è il numero perfetto per il suono che volete creare?

Non ci interessa creare un suono e forse non ci è mai interessato, abbiamo preferito creare un rapporto tra noi. Abbiamo quello che basta per far la musica che ci piace ma allo stesso tempo possiamo entrare in un’utilitaria con tutta la batteria e l’impianto voce. Certo non possiamo giocare con gli arrangiamenti ( e in fatti siamo soliti sbizzarrirci in studio) ma è una sfida anche questa. Puntiamo a fare più con meno.

Foto di Matteo Scalet
Che ruolo hanno i testi nella vostra musica? Chi si occupa dei testi? Li scrivete a più mani?

Scrivo io i testi solitamente. In inglese potevo giocare di più e parlare di dinosauri e guerre stellari e magari infilarci in mezzo una canzone sulla dipendenza da droga senza che nessuno battesse ciglio.
Mi ha sempre fatto ridere raccontare la storia di un’arancia che di notte si anima e diventa cannibale e avere magari 100 persone che ascoltano in silenzio come se fossero tutti tornati bambini e ogni parola uscita dalla mia bocca fosse verbo. E’ una situazione grottesca che mi ha sempre messo di buon umore sul palco. In italiano le cose cambiano ma è rimasta la voglia di stupire, di raccontare le piccole cose che interessano a pochi. C’è maniacale attenzione ad ogni sillaba e ad ogni sfumatura delle parole, forse non è facile seguire le storie che raccontiamo ma speriamo che, accompagnati alla musica, i nostri testi restituiscano un’ immagine, una sensazione. Siamo più impressionisti forse.

La vostra musica è adattissima per le serate al lume di candela. Proporrete ancora al vostro pubblico i concerti a casa Tua? Ci potete raccontare qualcosa di più in merito?

Abbiamo indetto un semplice concorso su facebook il cui premio era un concerto in casa del vincitore. Per fare una data in più ma soprattutto per una questione di promozione. L’idea era semplice e nemmeno innovativa ma ha avuto una discreta eco. Il numero di iscritti al concorso ha superato di gran lunga le nostre aspettative e siamo stati contenti di avere una prova tangibile di quanta gente avesse piacere di invitarci a casa propria a strimpellare. I quotidiani e le tv locali si sono interessati alla cosa e il tutto ha funzionato. Se adesso dico che tu hai vinto e che hai preferito condividere il concerto con alcune persone meno fortunate pare male ma tant’è. Volevamo solo farci delle pubblicità a costo zero e abbiamo finito per fare un concerto davanti a gente che di concerti non ne vede molti di certo. E’ stata un’esperienza interessante e se vogliamo per noi anche formativa. A momento non siamo intenzionati a riproporre la cosa ma non si sa mai.


Il Wooden Collective Suona a casa tua!
Il contest Upload contribuisce a far conoscere ad un più vasto pubblico i musicisti della regione. E'
importante soprattutto per i musicisti che come voi abitano in un piccolo paese di una valle 
montana o in realtà è importante per tutti e la verità è che suonano molto di più i gruppi che vivono nelle valli, rispetto ai cittadini?

Dico la mia: è importante per tutti ma potrebbe anche non essere importante per nessuno. Certo è bello fare una data fuori provincia o addirittura fuori stato e condividere il palco con headliner importanti ma se poi le cose finiscono lì il guadagno è minimo. Al nostro misero livello spesso la nostra musica è solo un biglietto da visita, puoi essere il fenomeno dello strumento o l’animale da palco ma se non ti fai 2 chiacchiere con il tecnico del suono o con il gruppo che ha suonato prima giù dal palco te ne torni a casa e basta. Upload è “da bomb”: la cosa meglio organizzata, le meglio date, i meglio posti e le meglio bande, i musicisti devono mettere il resto. Non vuol dire che alla fine del concorso e del “tour” devi essere pronto a scambiarti le mutande con tutti i musicanti dell’euregio, ma se sai che il fonico della data di Brunico è pure un batterista fighizzimo di un gruppo indie sperimentale che vai a sentire a trento e gli hai dato il cd e finisce che ci vai a suonare insieme a Bolzano in una serata di viaggioni spaziali la cosa non può che essere positiva.
Molte band si stanno muovendo in questo senso e poco importa che siano di Ronchi Valsugana o di Trento città.

Potete svelarci se state lavorando al nuovo cd e quali altri progetti avete per il futuro?
Foto di Francesca Padovan


Forse ci stiamo facendo prendere da troppe cose: registrazioni, arrangiamenti, testi, collaborazioni. Il collettivo è nato come entità musicale agile. Un buon progetto sarebbe quello di recuperare la rapidità d’azione degli esordi.

Ho notato che i gruppi trentini fanno molto squadra tra loro: vi conoscete tutti e vi sostenete l'un l'altro. E' solo apparenza e in realtà “tramate” nell'ombra, oppure c'è effettivamente molto
scambio e collaborazione tra di voi? Come è stato possibile tutto questo?

A noi sembra normale ma visto che tutti evidenziano questo aspetto della scena trentina evidentemente non è così. Ci sono stati eventi che hanno cercato di creare interscambio, come la supermegagangband e ci sono realtà formali, come il collettivo i know a place ma forse più di tutto c’è la necessità di condividere e non ci sono grandi divismi. Prima che iniziassi a suonare Felix Lalù era il mio mito, un genio. Non mi sono fatto problemi a fermarlo e a farmi indicare dove poter suonicchiare e lui non si è fatto alcun problema a rispondermi. Stessa cose è successo con Joe barba, prima di diventare compagni di merende io avevo i poster degli squirties in camera praticamente e sapevo i testi di tutte le canzoni a memoria. Nonostante fossi un cinno fastidioso hanno trovato qualcosa da farmi fare e mi ha mecenatizzato. Noi cerchiamo di aiutare gli altri gruppi ed essere disponibili per quanto ci è possibile e lo scambio di idee, informazioni e critiche è continuo. Aggiungi a tutto ciò che i posti dove musicare non sono poi infiniti e il gioco è fatto.

Una domanda per Iacopo, che vede tutti i suoi due gruppi in finale: all'audizione non hai paura di confonderti e suonare per sbaglio gli accordi dei Junow mentre attacchi un pezzo del Wooden o viceversa?

Da un lato mi viene da pensare che stiamo messibbene se tra 120 gruppi in concorso su 13 scelti in due ci suono io, dall'altro lato fa piacere sapere di portare avanti parallelamente due progetti validi che la gente apprezza.
La situazione non è nuova e crea qualche imbarazzo a volte ma io cerco di tenere i compartimenti stagni quando serve.
Se vedemo ad upload, due volte. ciao pischelli, abbraccianze dal collettivo!


https://www.facebook.com/woodencollective 

sabato 8 giugno 2013

Bob and the Apple - Una mela al giorno...


Foto by Sharon Brol

Di mele ne devono aver mangiate tante, visto che sono molto alti, hanno molti capelli e sono l'immagine della salute. Sono i Bob and the apple, rock band trentina, formata da 4 ragazzi Giacomo (Voce, chitarre, ukulele) Leonardo (basso, voce) Matteo (chitarra, tastiere) e Bruno (batteria, voce).
Nonostante la giovane età, hanno già incamerato un bel po' di successi. Nel 2010 rappresentano la regione a Italia Wave, l'anno scorso sono tra i primi sei in finale ad Upload con " Ukulele", un pezzo piuttosto orecchiabile; ma poi tanti altri concorsi e premi, lo leggerete  nell'intervista. Quest'anno sono ancora tra i gruppi di Upload selezionati per l'audizione. Presentano  un pezzo completamente diverso, più arrabbiato, una sferzata di chitarre elettriche. Insomma, sembra che a loro tutte le ciabelle riescano col buco! L'invidia di qualche maligno dice che si sono montati la testa. Non credeteci! Hanno solo un grande entusiasmo per quello che fanno e una forte determinazione, qualità necessarie per riescire ad inseguire i loro sogni. 
E con quelle gambe lunghe ... chi li ferma più?

L'anno scorso eravate tra i finalisti di Upload con Ukulele, una canzone rock con quel pizzico di pop che la rendeva orecchiabile, quest'anno avete proposto “Il giudice” un pezzo secondo me molto diverso, oserei dire arrabbiato. Fatemi capire: il suono dei Bob and the Apple in che direzione sta andando?

Non lo sappiamo nemmeno noi! Non abbiamo un genere o un solo artista di riferimento per poter dire "questa è la nostra direzione". Nel momento della stesura dei brani ci ritroviamo sempre in sala prove, dopo aver ascoltato una registrazione casereccia ed 'introduttiva' del brano…ed è qui che ognuno di noi mette in gioco le proprie influenze. Il prossimo CD sarà sicuramente meno 'pop' (se così si può definire per certi tratti Rouge Squadron) e più psichedelico grazie all'approccio compositivo di Matteo che è diventato parte attiva(sisma) dei processi creativi.

Foto by Sharon Brol
La scelta di scrivere i testi in italiano non è facile; proprio dal testo del pezzo presentato ad Upload quest'anno mi sembra che emerga da parte vostra la volontà di dimostrare di aver qualcosa da dire. Ci potete spiegare meglio il suo significato? I testi delle vostre canzoni nascono dalle vostre personali esperienze?

Giudice è forse il testo più diretto dell'album perché nato da uno sfogo e da una necessità istantanee. E' quasi un monito, cinico e crudo, per poter rivalutare con un ottica disincantata la nostra quotidianità, il valore effettivo di quello che diciamo e quello che ci viene detto.
Scrivere in Italiano è E S T R E M A M E N T E complicato, soprattutto se non si vuole risultare banali. I testi spesso sono frammenti, frasi, piccole riflessioni annotate sui nostri quaderni che nel momento del bisogno, vengono ripescate secondo il filo logico di quello che vogliamo esprimere in una determinata canzone. Sono più evocativi che descrittivi, un invito al riflettere-alle e con-le-parole. Ci piace non essere diretti in quello che esprimiamo: vorremmo dare priorità alle orecchie invece che alla 'ragione', alla musica piuttosto che al significato del testo…come accade quando ascoltiamo musica in inglese! Le parole sono sempre la parte integrante e conclusiva dei nostri brani, una pista d'atterraggio piuttosto che un trampolino di lancio!

Disegno di Filippo Bampi
Per il vostro ultimo video, “Il giudice” vi siete avvalsi della regia di Matteo Scotton. Da chi è nata l'idea del video? Cosa significano gli occhi bendati e sanguinanti? Quale importanza date alla realizzazione di un videoclip per la diffusione della vostra musica?

Collaborare con Matteo Scotton è sempre stato un nostro pallino. L'idea del video è nata dopo una serie di incontri tra noi Bob, Matteo e Filippo Bampi.
 "Abbiamo cercato di lavorare a questo video pensando a quello che verrà dopo Rouge Squadron, una nuova immagine della band, più matura e più psichedelica, quasi un'anticipazione di quelle che saranno le sonorità del loro futuro progetto musicale. Per questo video, dopo aver accantonato un primo soggetto più narrativo, ho preferito privilegiare l'impatto fisico dato dal pezzo suonato dal vivo, lavorando su colore e movimento. Il video è stato girato la notte prima che Giacomo partisse per uno stage a Londra. E' legato alla giustizia in sè, che è stata tra l'altro rappresentata da Filippo Bampi con il suo disegno proiettato (quasi un Dike bizantina)." ha detto Matteo Scotton.
 "Col disegno ho tentato di dare una controparte visiva e colorica alla melodia, al ritmo e alle parole del "Giudice" lasciando la narrazione alle forme e l'emozione al colore...colore oro, che è luce. Ho lavorato ad una tavola dal sapore "greco-bizantino" fortemente ispirata alla tradizione Decadente-simbolista." (parole di Filippo Bampi) .
La giustizia per essere tale è cieca, e risalendo al mito, le furono strappati gli occhi (per questo sanguinano gli occhi) oltre a questo, sappiamo che la letteratura e forse ancor di più la mitologia, hanno attribuito a quell'immagine i più diversi significati dalla necessità di strapparsi gli occhi per 'vedere' in un altro modo alla necessità di strappare gli occhi agli altri per impedire di poter vedere. Volevamo "giocare" un pò con questi significati, dato che la canzone si presta ad uno slancio universalizzante…ed è un tema che ci ha sempre affascinato! Il video è uno dei modi più veloci e interessanti di far girare la musica ed il nome…è il modo più efficace per essere anche dove non lo si potrebbe essere!

Nel 2010 avete vinto le selezioni regionali di Italia Wave. Quale importanza date ai contest
musicali e quale esperienza è stata per voi partecipare a Livorno al contest con le altre band italiane? Avete ottenuto dei feedback positivi in fatto di visibilità e diffusione della vostra musica? State già pensando o partecipando ad altri concorsi?

I contest musicali sono senza dubbio una buona opportunità per farsi conoscere, per prendere contatti e
conoscere altre band con cui avviare rapporti/scambi di date. Ovviamente dipende sempre dalla serietà e trasparenza degli organizzatori!
Noi abbiamo partecipato volentieri a diversi contest come Festival Acustico del Centro Musica di Trento, Italia Wave, Suoni Universitari, Upload, H-Factor all'Apartamento Hoffmann di Conegliano Veneto in cui abbiamo vinto il premio della giuria quest'anno e Urlo Contest di Bassano. Vincere Italia Wave nel 2010 ci ha fatto credere ancora di più nel nostro progetto. Matteo era entrato a far parte del gruppo solamente da sei mesi… è stata una vittoria inaspettata e incredibilmente stimolante! Suonare a Livorno insieme a tante altre band indipendenti italiane ci è servito per capire cosa ci mancava (e ci manca) e quali erano i nostri punti di forza rispetto ad altre realtà musicali, un'esperienza che ci ha fatto cambiare punto di vista su il che cos'è effettivamente fare musica e quel che è per noi l'essenza principale di un gruppo: non un insieme di musicanti-musicisti ma un'unica cosa. A volte fa bene respirare dell'aria non di montagna! Dal punto di vista della visibilità e diffusione della musica…tante promesse ma niente di concreto purtroppo! Ma è stata anche colpa nostra: non avevamo un CD vero e proprio su cui poter scommettere!

Foto by Sharon Brol
Parlateci della situazione della mancanza di spazi per suonare a Trento città. La situazione sta migliorando? Si sta muovendo qualcosa a livello comunale? I musicisti trentini hanno in serbo nuove iniziative, dopo “I know a place”? 

Credo che il problema non sia tanto un problema logistico, quanto culturale. Sicuramente mancano delle vere e proprio location, ma il problema principale è che nel momento in cui un locale incomincia ad ospitare serate live nel presso del centro storico volano le segnalazioni, lamentele da parte del vicinato, chiamate ai carabinieri, multe… Trento non può essere e rimanere una città universitaria solo e grazie all'esistenza degli 'edifici universitari'. Non ci sono spazi accessibili da tutti in cui l'espressione artistica (musicale e non) sia libera di esistere senza troppi vincoli di orario, di volume o di permesso. La situazione a nostro avviso sta parzialmente migliorando. Con gli eventi di 'I Know a Place' e di 'Opposite' (per ora soltanto uno) siamo riusciti a creare una rete di contatti tra band trentine, bergamasche, milanesi e torinesi. Riceviamo richieste di partnership ogni settimana e a breve ci sentiremo su skype per chiarire i destini di questo progetto fantastico. Il collettivo Opposite (www.opposite.com) che è stato premiato da Giordano Sangiorgi (ideatore del MEI di Faenza Festival http://www.meiweb.it/mei-2-0-premi-ai-circuiti-opposite-crew-carovana-dei-festival-55-network-e-musica-contro-le-mafie/  ) un'idea nata da giovani, fatta per tutti. Nuove iniziative verranno comunicate a tempo debito, per ora è previsto un incontro di tutto il collettivo di I know a Place per definire le prossime iniziative.

Cosa si potrebbe fare a livello regionale per la “libera circolazione” dei musicisti nella regione o
Foto by Sharon Brol
nella macroregione (penso anche al vicino Tirolo), per aumentare così le possibilità per le band di suonare? Pensate che manchino i contatti tra centri giovanili, che i contatti siano più difficili per la diversa appartenenza linguistica o pensate che servirebbe una vera e propria agenzia di

“scambio”, come forse ha fatto o cerca anche di fare Upload con il suo contest?    
Pensiamo che non ci sia la voglia in Trentino (non so se sia così anche in Alto-Adige) di andare ad ascoltare un gruppo che non si conosce, quindi i gestori dei locali preferiscono affidare le serate a chi garantisce pubblico. Upload riesce ad unire realtà che spesso si ignorano l'un l'altra…per questo infatti è uno tra i più validi contest in regione!

Come ultima domanda, natualmente vi chiedo quando uscirà il vostro nuovo album, perché conosco molte persone che hanno letto in fretta tutta l'intervista nella spasmodica speranza di leggere la data di uscita del nuovo cd...

Speriamo di avere tutto pronto per inizio 2014 anche se per adesso non abbiamo alcuna certezza, non abbiamo ancora fatto il punto della situazione dato la mancanza di Giacomo. Quest'estate vorremmo trovare il tempo e l'ispirazione giusta per fare una buona pre-produzione ed andare in studio verso l'inizio di Novembre…esami permettendo! Però per l'inizio ottobre potremmo già avere un assaggino da condividere sulla rete di quello che sarà l'orizzonte musicale del prossimo album!



venerdì 7 giugno 2013

Black Moose Talks - Un nome che viene da lontano


Foto di Francesca Largaiolli

E' interessante sapere come i componenti di un gruppo decidono il nome da dare alla band. Ho sempre pensato che la scelta non fosse facile, ma credevo che fosse una scelta casuale,  per la sonorità, per l'attinenza con qualcosa, essenziale, breve e facile da ricordare. Niente di più sbagliato. Per i Black Moose Talks la scelta del nome racchiude una lunga storia, contenuta in un libro. Questo gruppo trentino formatosi nel 2012, si è già messo in evidenza entrando nella rosa dei finalisti del Concorso "Suoni universitari" oltre naturalmente ad essere uno dei 13 finalisti di Upload. Scopriremo dall'intervista che i Black Moose Talks fanno una musica "quasi rock" e che se non fossero nati a Trento probabilmente sarebbero sudditi di Sua Maestà britannica. La canzone presentata ad Upload parla proprio di una strana creatura di Liverpool...

Chi era Black Moose? Un capo indiano? A chi è venuto in mente il nome del gruppo e perché?
 

Foto di Francesca Largaiolli
Il nome ha origine da un libro dell’etnografo e poeta americano John Neihardt: Black Elk Speaks. L’Alce Nero di cui il testo raccoglie le memorie era un sciamano della tribù dei Lakota. John Neihardt si è preso il tempo, la pazienza e la cura di ascoltare Alce Nero per mesi, ha annotato con gran dedizione le sue testimonianze e le ha pubblicate con coraggio e non senza perplessità. Alce Nero ha infatti una retorica molto particolare e non sempre “scientifica” quanto ai contenuti, di difficile comprensione per le menti occidentali: servono apertura mentale e un po’ di follia.
Il nome in sostanza racchiude un duplice invito: rivolto a noi del gruppo perché non pensiamo che, come nella maggior parte delle produzioni moderne 1 e 1 debbano per forza fare 2, che tutto debba seguire un canone, che ogni passaggio debba essere riconducibile a questo o quel clichè musicale, che tutto debba sempre necessariamente essere ragionato fino alla perdita del senso originario. Rivolto all’ascoltatore perché, nell’infinità quantità di musica a cui è esposto (volontariamente e non) si prenda il tempo, la pazienza, e il silenzio di ascoltare la nostra musica senza preconcetti, si lasci trasportare se la cosa lo coinvolge. In caso contrario, nessun problema, erano solo le parole di un visionario a cui si può dare retta come no.
Unico “inghippo”: esiste già un gruppo che si chiama Black Elk Speaks, quindi abbiamo utilizzato il termine americano moose (equivalente del britannico elk) e sostituito speaks con il simile talks. Volevamo conservare il concetto alla base del libro salvando l’originalità del nome del gruppo.

Quando vi siete avvicinati per la prima volta ad uno strumento musicale? Per voi musicisti il verbo suonare viene subito dopo mangiare, bere, dormire? O meglio, diventa una irrinunciabile azione quotidiana? 

Ci siamo tutti avvicinati alla musica attorno ai 11-12 anni. Per noi suonare è fondamentale, è il modo che abbiamo di esprimerci. Personalmente l’atto fisico del suonare è irrinunciabile, anche se non è sempre possibile suonare ogni giorno come vorremmo, a causa degli impegni che tutti noi abbiamo e che esulano dall’ambito musicale.
 

Foto di Enrico Pretto
Quest’anno siete stati finalisti al concorso suoni universitari, adesso siete finalisti ad Upload 2013. Avete formato il gruppo nel 2012, componendo subito dei pezzi originali, eppure non siete dei novellini. Raccontateci le vostre precedenti esperienze musicali.

Non siamo esattamente nuovi dell’ambiente musicale trentino, anche se a lungo andare quando la tua “carriera” è solo gavetta ti sembra sempre in qualche modo di avere incominciato ieri. Marco e Lorenzo suonano anche negli Humus, Mauro suona con un numero indefinito di gruppi (tra cui i Five Seasons e Bad Dog), Alessio ha suonato nei Geisha e nei Vetrozero.

Il vostro genere musicale è il rock: ma quale tipo di rock? Quali sono i gruppi che amate particolarmente e ai quali vi ispirate? Il vostro suono risente di queste influenze musicali?


Spesso ridiamo pensando al modo in cui vengono presentati e catalogati i gruppi. Su certe riviste o a volte si leggono cose incredibili del tipo: “Prendete Bob Dylan e fategli cambiare il catetere a Johnny Ramone; aggiungete al simpatico quadretto Frank Sinatra che serve dell’assenzio in ceramiche di Boemia del Settecento: solo così avrete un’idea del suono dei............”. Per tenere fede a questa discutibile tradizione un amico ci ha definiti i “Travis con un dito nel c*lo”, nel tentativo di descrivere la nostra caratteristica principale: una certa ostinata melodia del tipo “ci sarebbe piaciuto l’idea di essere sudditi della Regina, ma i biglietti per Liverpool erano finiti”. Quella melodia però non esclude la “mano semi-pesante” che ci consente di definirci un gruppo (quasi del tutto) rock. Le band che ci piacciono sono molto diverse: Deep Purple, Snow Patrol, Motorhead e Neil Young tra i tanti.

Siete una giovane formazione, che sta aumentando il numero dei pezzi originali nel proprio repertorio. Avete in programma a breve la registrazione di un ep o un cd?

Vogliamo senza dubbio registrare qualcosa, non sappiamo ancora che forma potrà prendere la cosa, dipenderà dai soldi e dal tempo a disposizione.

Foto di Enrico Pretto
Anche voi avete fatto la scelta di cantare con testi in inglese. Potete dirci di cosa parlano i vostri testi? A cosa vi ispirate?
 

Il testo di Stuart Molloy parla di una creatura che vive nella laguna di Liverpool. Un giorno emerge dalle acque per raggiungere il locale dove stanno suonando i Fab Four. Realizza il proprio sogno suonando con la band, ma al ritorno alla laguna viene ucciso a sangue freddo. È una canzone in cui si mescolano sogni, ossessioni, ascesa e caduta in 3 minuti. In altri brani si parla di riscatto personale, di noia, premi Nobel e dell’idea di ritornare ai Sessanta.

Vi piace partecipare ai contest musicali, perché?

 I concorsi musicali (quelli organizzati seriamente) sono interessanti e ci danno la possibilità di suonare, di metterci alla prova, di essere giudicati, criticati, compresi o incompresi. È un modo simile a molti altri per sentirsi “in corsa”.
 

Sta per iniziare la stagione dei grandi concerti all’aperto. Seguite la programmazione dei concerti e dei festival dove si esibiscono anche band internazionali? Ci sono dei festival in provincia o regione che ritenete siano organizzati molto bene e ai quali vorreste partecipare come band di apertura o come spettatori?

Seguiamo quello che accade “in cima alla piramide”, riusciamo a seguire almeno un paio di “concertoni” all’anno. Rafanass, Sot ala Zopa, Shool’s Out sono posti in cui sarebbe bello suonare.



giovedì 6 giugno 2013

MAINFELT Go to America



Foto di Mainfelt

Chi mi conosce e mi legge da qualche tempo, sa che mi diletto maggiormente con la musica rock underground, ma in realtà ascolto un po' di tutto, eccetto ... la musica folk. Quale migliore occasione potevo avere, per avvicinarmi a questo genere musicale, se non quella di intervistare i Mainfelt? E' uno dei gruppi  altoatesini selezionati come finalisti ad Upload 2013. La band è formata da Patrick Strobl, (voce e chitarra) Kevin Prantl (banjo), Veit Rinner (chitarra), e Stephanie Blaas (percussioni).
Foto di Mainfelt
Ero molto curiosa di conoscere qualcosa della loro musica. Così, sono riuscita ad intervistarli via web e questo, in sintesi, quello che Patrick Strobl mi ha raccontato.
Innanzitutto il nome del gruppo: MAINFELT, che in realtà non vuol dire nulla. E' frutto di un intenso "brainstorming"; è stato buttato lì nel mucchio da Kevin, - racconta Patrick - il nome è venuto fuori così, per caso e dopo un po' di riflessioni e ripensamenti sul modo in cui scriverlo è stato approvato da tutti. Per quanto riguarda la nascita della loro passione per il folk, racconta, in origine era una passione condivisa per la musica acustica, poi un giorno si sono trovati nel Bar "Pa Sui" di Schlanders -Silandro e mentre suonavano insieme, facendo un po' di "jam session", Kevin ha preso in mano un banjo ed ha iniziato a suonare. Quello è stato il momento preciso in cui tutti hanno capito in quale direzione sarebbe andata la loro musica: così è nato il folk dei Mainfelt!
Foto di Mainfelt
La band è stata fondata nel 2010, ma già nel 2011 i Mainfelt sono andati in tour all'estero, in Europa e perfino in America. - E' stata un  arricchimento personale - racconta sempre Patrick, che li ha fatti crescere anche come band. Avere la possibilità di suonare all'estero e ricevere un buon feedback, li ha sorpresi positivamente. Secondo loro, all'estero ci sono delle differenze culturali anche nel modo di vivere i concerti: il pubblico nostrano ha bisogno di più tempo o di un po' di alcool per entrare nell'atmosfera giusta.
Ma nel loro tempo libero, cosa ascoltano i Mainfelt quando non sono occupati a suonare? Tutti loro apprezzano certe band e alcuni musicisti, ma ognuno ha i propri artisti preferiti. Ascoltano anche hard rock, metal o musica classica.
Per quanto riguarda invece le loro canzoni, queste vengono scritte e composte da Patrick. I testi sono autobiografici, desideri o fantasie sulla vita, sul destino avverso o su cose reali, pratiche.
Foto di Mainfelt
Il loro nuovo album, appena uscito è composto da 9 pezzi, è autoprodotto ed è stato registrato a Tschards (Ciardes) con la collaborazione di Franz Raffeiner. Non prevedono di partecipare a contest musicali, sono giunti ad Upload quasi per caso. Pensano comunque che i concorsi possano offrire una valida opportunità per le band, quella di presentarsi davanti una giuria e ricevere un giudizio, per avere poi la possibilità di svilupparsi, di migliorare. Nel loro prossimo futuro i mainfelt hanno in programma di continuare con i concerti in Italia e all'estero ed in autunno resteranno per un periodo ancora in America.
Insomma, qualcosina in più dei Mainfelt l'ho capita. Per sentire la loro musica, basta andare ai loro concerti e se loro sono all'estero, basta recarsi in Val Venosta. Tutta la valle li sostiene e tutti sono loro fans: in tanti locali della valle o in alcune stazioni di rifornimento, se chiedete dei Mainfelt, potrete sicuramente trovare chi vi farà sentire il loro nuovo cd (e lo potrete anche acquistare!). 
DANKE MAINFELT! GRAZIE!



Mainfelt - All My Ghosts from kognitiv-Verein für Wahrnehmung on Vimeo.

martedì 4 giugno 2013

Junow - Viaggi intergalattici molto Indie Rock

 
Foto di Junow


 Più che una band, sono l'equipaggio di una navicella spaziale, da cui prendono anche il nome, a cui hanno aggiunto una W finale. C'è chi si occupa di scalare le montagne lunari in caso di allunaggi, chi di procurar benzina e vettovaglie comprandole dai marziani e chi ha l'incarico di consultare le carte spaziali alla ricerca della rotta da far seguire alla loro musica. Fanno viaggi spaziali intergalattici spostandosi alla velocità della luce tra il pianeta rock e il pianeta pop, dove trascorrono di tanto in tanto le vacanze. I testi sono storie di fantasia, provengono forse da paesi lontani della via lattea, sentite per caso nei bar della galassia durante i viaggi interspaziali o apparse in sogno al cantante dell'equipaggio. Questi, più o meno, sono i Junow, quelli dell'Indie rock-cristiano-con testi per bambini, divertenti e fantasiosi. Si chiamano Iacopo (voice, guitar) Marco (guitar) Stefano (bass) e Samuele (drums). Questa è la loro intervista.

Nelle informazioni sulla vostra pagina Facebook, c'è scritto che fate “Indie rock cristiano con testi per bambini” … ovvero?

Iacopo: Stiamo cercando di entrare nel giro giusto che è quello della messa, quelli lì si sparano da 2000 anni un concerto sempre uguale tutte le domeniche e fanno quasi sempre il sold out. Noi sotto sotto siamo dei satanassi infernali ma non lo deve sapere nessuno.
Marco: mi sembra che questa cosa l’avesse sparata Iacopo evidentemente messo alle strette dalle domande di una qualche intervista tempo fa!....e comunque i Junow sono un gruppo politeista, che suona come gli piace, forse dovremo cambiare le info di face book in effetti!
Samuele: un tipo di musica dai contenuti poco seri, fatta per divertire e divertirci. Poi io devo ancora capire cos’è l’indie rock, quindi evitiamo di soffermarci su quello cristiano con testi per bambini.
 
Foto di Junow
Cosa ascoltate quando non suonate, quali influenze musicali ci sono nel vostro suono?

IacopoUltimamente ascolto più cose suonate da me che cose suonate da altri e ciò è male perchè al momento non ho idea da chi possiamo copiare per la prossima canzone. I junow sono maestri del minestrone musicale, ascoltiamo tutto e lo buttiamo dentro alla pentola. Non è detto che venga una roba buona.

Marco: a 15 anni ti senti una bomba ed ascolti quello che ascoltavano i 15enni fichi (Nofx, Social Distortion, Millencolin,Lagwagon), a 20 ani ti senti fico ascolti quello che ascoltano i 20enni fichi (The Strokes. Arctic Monkeys, foo Fighters, Blur, Franz Ferdinand) a 25 sei già un po’ meno tonico (Verdena, My Bloody Valentine, Joy Division, Sigur Ros)…adesso ascolto Marco Mengoni e sono felice così! Spero che i Junow non risentano di questi sbalzi d’umore.
Samuele: quasi tutto quello che sentirete (spero) nel nostro cd, l’ho copiato da Travis Barker (Blink 182) e Erik Sandin (NoFx)
Stefano: Fondamentalmente il genere che ci accomuna si può inserire nel contesto del rock alternativo (che vuol dire tutto e niente). Esempi possono essere “The Wombats, A Vampire Weekend, The Strokes, Artic Monkeys”...e chi ne ha più ne metta. Quando non suoniamo si ascolta un po di tutto, elettronica, rock, pop..abbiamo gli orizzonti aperti.
 
Foto Service Audio Libardi
Come nascono i vostri pezzi, prima il testo o la musica? Chi si occupa dei “testi per bambini”, ovvero di cosa parlano i vostri testi?

Iacopo: Sempre prima la musica, collaboriamo in sala prove per trovare una buona miscela tra melodie immediate e “muovichiappe” e qualche passaggio semi-ricercato divertente per noi da suonare. Dei testi me ne occupo io, canto cose a caso per mesi fino a che, il giorno prima del concerto in cui dobbiamo suonare il pezzo mi viene in mente una storia e cerco di adattarla alla melodia. I testi parlano di pesci rossi arrabbiati, di Gesù alla partita di pallanuoto, dei thunderbirds, di pappagalli con disturbi di personalità ma anche semplicemente del tempo o di quando mangiamo pesante e poi facciamo i brutti sogni. Cose interessanti come no.
Marco: sicuramente prima la musica, qualcuno arriva in saletta con un’idea, un giro, un riffettino e da lì ognuno ci mette del proprio…i testi per bambini sono opera di Iacopo, io e gli altri in realtà non siamo a conoscenza di cosa parlino le canzoni, di sicuro una di Gesù, una dei Thunderbird e una di infradito!
Samuele: Inizialmente la musica…poi, 5 minuti prima di salire sul palco, Iacopo scrive il testo. I testi parlano di cose totalmente assurde, dai 4x4 vs utilitarie ai pesci rossi.
Stefano: Le nostre canzoni nascono sempre dalla musica. Qualcuno porta in sala prove un riff particolare e poi costruiamo pezzo per pezzo la canzone. Il testo viene alla fine. Per trovare la linea melodica andiamo avanti anche qualche mese con:”aaaa uuuu auauaua eeeeee ooooooh oh ohhh” (ermetismi musicali).
Raccontateci come vi siete conosciuti e perché avete deciso di formare una band.
Foto di Junow


Iacopo: Mi pare di ricordare che un giorno in valsugana fosse saltata la connessione internet, vagavamo ognuno per conto proprio affannati e confusi, lo sguardo vuoto e la bava alla bocca. Poi credo siano arrivati walter nudo e la marcuzzi ed è stato subito colpo di fulmine. Da allora siamo uniti in un entità musicale.
Marco: Io e Iacopo siamo amici sin da tempi antichi e vicini di casa, Stefano è stato frutto di una campagna acquisti tre anni fa, Samulo è il fratello di Joe barba e non ha bisogno di presentazioni.
Samuele: qualche anno fa suonavo con Iacopo in un'altra band, poi scioltasi. Poco dopo sono entrato nei Junow.
Se ogni genere musicale è adatto per un momento particolare della giornata, qual'è il momento migliore per ascoltare la vostra musica?

Iacopo: Prima o dopo i pasti non importa, due tre volte al giorno sì mi basta...
Marco: secondo me la domenica mattina, verso le 11.30 quando il sole splende!..o il giovedì attorno le 18, potrebbe essere un bel momento! Non mi sentirei di prescriverla più volte al giorno.
Samuele: io di solito lo ascolto in macchina, ma non è un cd da macchina. Fossi in voi, io, lo ascolterei poco prima della pennichella pomeridiana, sperando di addormentarsi durante la prima canzone.
Stefano: Sicuramente nei momenti più impegnativi della giornata, ovvero quando ci si fa la doccia, si lava il pavimento, si potano le piante, ma soprattutto quando si raddrizzano i quadri. Un estimatore bolzanino un tempo ci disse che la nostra musica è buona per fare sesso..Se lo dice lui..
 
Iniziate da subito a comporre i vostri pezzi, quindi avete fatto un demo nel 2009.  Come è cambiata la vostra musica dal 2009 e come sta evolvendo, più rock o più indie pop?

Iacopo: Ci vedo sempre più rock cercando di esserlo sempre meno.
Marco: il primo demo  è nato più dall'esigenza di farsi conoscere ed avere qualcosa da presentare nei locali, ai concorsi; in realtà nessuno di noi aveva mai fatto un concerto all'epoca e ci sembrava che registrare qualcosa fosse indispensabile, un po' ha funzionato!
Samuele: è cambiata molto, però non so ancora dirti se in meglio o in peggio (nel primo demo ci sono delle hit pazzesche!!!). Sicuramente è diventata un po’ più ritmica e meno “pop”.
 
Foto di Junow
La Valsugana è una valle dove i gruppi nascono come funghi, voi come ve lo spiegate il fenomeno?

Iacopo: Vero è anche che il 2012 non è stata una grande annata per i funghi! I gruppi in Valsugana nascono si moltiplicano e muoiono come in ogniddove. Ci sono un paio di illustri colleghi, questo è vero, ma sfido i lettori di Bloggingnelparco citare il nome di 10 gruppi della Valsugana. Questa storia è leggenda insomma.
Marco: forse perché da qualche anno si è formato un “giro” di amici con la passione della musica, tutti ci si conosce, e chi non aveva già questa passione, gli è venuta dopo nel tempo o gli verrà…più che concerti in Valsugana o in città, li chiamerei "feste delle medie” o “riunioni di famiglia”!
Samuele: in effetti una volta era così…adesso il fenomeno è in forte calo.
Quest'anno siete tra i 13 semifinalisti di Upload. Vi piace partecipare ai contest musicali? Ne
Foto di Junow
avete altri in programma?


Iacopo: Ci piace suonare e i concorsi sono un'occasione come un'altra per farlo, ultimamente arrivano anche i risultati e non guasta.
Marco: per noi i contest sono un’occasione per suonare davanti ad un pubblico, nulla di più. Ci dispiace che ultimamente siano stati adoperati per sfruttare le band, facendoli suonare gratis in locali che in questo modo fanno serata senza spese. Ci sono invece dei concorsi fatti bene, che danno buona visibilità ai gruppi e per cui ringraziamo il ancora il cielo di esserci iscritti, Upload e OTH Festival, Suoni Universitari sono alcuni di questi!
Samuele: non mi piace tanto l’idea che ci sia un vincitore e gli altri perdenti.
Stefano: Partecipiamo solamente per poter suonare dal vivo.

Rispetto ad alcuni anni fa, sono aumentate le occasioni per suonare in Trentino? E' vero che mancano locali per suonare a Trento città e in provincia, nelle valli invece, com'è la situazione?

Iacopo: E' vero che non sono tutti in attesa imploranti di ascoltare i junow e che per noi l'inverno è solitamente periodo di letargo ma riusciamo sempre a spuntare qualche concerto. cerchiamo di crearci le occasioni se mancano e di non guardare sempre e solo a 10 km da casa nostra. Con due gruppi se va bene faccio 60-70 concerti all'anno, sono ancora pochi ma prima di lamentarsi della situazione è meglio iniziare a carcare gli strumenti in macchina.
Marco: forse nelle valli nei periodi di maggio/giugno si suona parecchio grazie a feste ed eventi, in città un po’ meno. Anche da settembre a novembre ci sono molte opportunità. Il resto dell’anno la situazione è buia sia in valle che a Trento. Quello che ci possiamo augurare è che posti come il Tilt di Borgo, Il Sogno di Pergine o il CG Aldeno siano d’esempio per altri giovani volonterosi…ci hanno fatto sapere che a Rovereto a breve aprirà una realtà simile, devono ancora aprire e già ci hanno chiesto di suonare, massimo rispetto per questi ragazzi!
Samuele: Sono diminuite le occasioni per suonare perché i locali dove potevi farlo, sono stati chiusi quasi tutti, oppure è stato tolta loro la possibilità di fare questi eventi. Sinceramente non so di chi sia la colpa. Nelle valli la situazione è praticamente identica.

Foto di Junow
Cosa potrebbe essere fatto secondo voi per aumentare ulteriormente le possibilità di suonare, per esempio in Alto Adige o in Tirolo?

Iacopo: Credo che il punto sia voler suonare e creare una rete. Solo parlando con le persone e facendo ascoltare la tua musica c'è la possibilità di crescere, confrontarsi con altre persone e di conseguenza suonare in giro. In AA mi sembra che gli spazi ma soprattutto la gente che ascolta musica, non manchino e sono sempre più i gruppi trentini (anche grazie ad upload) che si rendono protagonisti di una pacifica invasione. A mio avviso basta avere la voglia ed avere del buonsenso.
Marco: da parte delle amministrazioni sarebbe sufficiente credere di più nelle capacità dei ragazzi e lasciargli la possibilità di fare quel che a loro viene spontaneo, trovarsi, organizzarsi e divertirsi, solo questo basterebbe! Non ci servono soldi, consigli o raccomandazioni, lasciateci fare, non ve ne pentirete!
Samuele: Io punterei più sulla qualità degli eventi che sulla quantità. Ovviamente la qualità ha maggior costi, quindi è un discorso troppo complicato da affrontare in poche righe.

Quale è il vostro punto di forza, su cui farete leva per colpire la giuria di qualità di Upoload?

Iacopo: Non ne ho idea ma sollevare la giuria con una leva sarebbe divertente. Digli che si tengano un po' a dieta.
Marco: credo che suoneremo come ci viene...la forz la useremo per combattere il lato oscuro quando servirà!
Samuele: Offriremo loro delle birrette!

Si vocifera che abbiate un disco nel forno. A che punto è la "cottura"? Sta lievitando?
 
Marco: E’ in forno da un anno ormai, si sarà carbonizzato! Si vocifera bene comunque, il disco c’è e qualcuno l’ha già ascoltato. Uscirà spero nel giro di un mesetto e speriamo vi piaccia! Sicuramente più indie pop che rock...questo ci permette di prendere il tutto meno seriamente.C’abbiamo messo tanto a farlo perché siamo lenti nell’organizzarci, come hai potuto constatare anche in questa intervista; vorremo cogliere l’occasione per ringraziare ancora una volta Vice e i The Bastard Sons of Dioniso per averci dato la possibilità di realizzare questo lavoro, se il disco è bello è sicuramente merito loro, di Vice soprattutto che è riuscito a tirare fuori il meglio da quelle quattro mele marce dei Junow. E grazie anche a te Eva per quest’intervista e per averci invitato a pranzo a casa tua venerdì 14 dopo le audizioni di Upload! 
 http://www.facebook.com/junowindierock
http://www.myspace.com/junowmusic

domenica 2 giugno 2013

[Eravamo] Sunday Drivers - Il più bel sorriso di Upload 2013


Foto di Matteo Grazzi

   C'era una volta, non tanto tempo fa, il liceo classico Prati di Trento. Lo frequentavano quattro ragazzi, (Federico, Alessandro, Andrea e Fabrizio). Correva l'anno 2008 e i quattro studenti sbarbatelli, tra una versione di greco e una di latino, decisero di rompere la monotonia delle giornate di scuola formando una band. 
Dapprima suonano in stile punk rock, ma poi passano a un orecchiabile ska, divertendosi a comporre da soli i loro pezzi. Iniziano così a macinare chilometri e a visitare palchi e a fare concerti memorabili nel 2010 e nel 2011. Poi sulla loro strada incontrano Giacomo e Federico che portano seco una tromba e un trombone e che hanno come loro, una gran voglia di divertirsi e allora diventano una vera orchestra. L'orchestra dal sorriso più bello di Upload 2013.
E' tutta qui, secondo me, la forza di [Eravamo] Sunday Drivers: divertire, divertendosi. Grande impatto scenico, giovanissimi, travolgenti, skatenati, contagiano il pubblico fin dalle prime note dei loro strumenti: due trombe, un trombone, una chitarra, una batteria e un basso.
Leggete l'intervista tutta d'un fiato, perchè mi hanno rivelato un'importante novità: LA DATA DI PRESENTAZIONE DEL LORO NUOVO E PRIMO ALBUM!

Ci potete spiegare perché “eravate” Sunday Drivers? Adesso cosa siete?

Adesso siamo ancora i Sunday Drivers, pur non essendoli più come una volta. Il fatto è che dopo anni di concerti ci siamo resi conto di non essere più quelli di un tempo: siamo maturati intellettualmente e fisicamente (perlopiù in orizzontale), abbiamo modificato la formazione originale del gruppo, passando da 4 a 6 componenti, e ci siamo creati un genere musicale che ci piace e che sentiamo nostro. Vi è poi una seconda motivazione, più “tangibile” e concreta della prima: esiste(va) già in Spagna un gruppo con il nome “The Sunday Drivers” e ci sarebbe dispiaciuto che l’omonimia creasse confusione.
Per questi motivi abbiamo deciso di chiamarci [eravamo] Sunday Drivers, un nome che mantiene pienamente la nostra storia passata e che, nella sua unicità, esprime la nostra nuova identità.
 
Festival di Mesiano Foto Matteo Grazzi
Non ci sono tante band che hanno ben due trombe e un trombone. Come nasce questa passione per gli strumenti a fiato?

Non sappiamo di preciso come sia nata questa passione: inizialmente (durante il primo anno insieme) non utilizzavamo trombe, ma solo due chitarre, basso e batteria. Solo in un secondo momento abbiamo deciso di inserire la tromba per rendere più originale il nostro suono.

La vostra musica è un divertente ska, da un quartetto che eravate, tra il 2011 e il 2012 siete diventati quasi un'orchestra. Il prossimo anno pensate di aggiungere altri strumenti o per ora basta così? Che vantaggi ha portato al suono l'aggiunta di due elementi?

Per ora abbiamo raggiunto il numero perfetto di componenti per creare i suoni che vogliamo produrre e per il genere musicale che seguiamo, che non è propriamente ska: nonostante i ritmi in levare e l’uso dei fiati, i nostri pezzi hanno varie influenze che vanno dal gipsy al rock, dal punk al rap. Nel nostro primo album in uscita in questi giorni (Buongiorno Mondo), è evidente che il nostro genere non è vero ska, ma parte da esso per esplorare altri mondi musicali.
Tornando alla domanda: l’aggiunta di due elementi (una tromba e un trombone) ci ha portato a rendere i suoni più pieni e più vari, a creare pezzi più articolati, e sviluppare armonie sempre più complesse... Insomma, un guadagno enorme!

MEI - Foto Matteo Grazzi
Ci sono musicisti o band italiane a cui vi ispirate o che apprezzate particolarmente?

Premettendo che ognuno di noi – come è logico che sia – ha i propri gusti musicali, per la nostra musica ci ispiriamo particolarmente ai primi Meganoidi (quelli dell’album Outside the loop stupendo sensation, per intenderci). Apprezziamo molto anche altre band italiane del panorama ska-punk (Punkreas, Pornoriviste, Vallanzaska...). Non possiamo non citare, infine, gruppi come Teatro degli Orrori e Subsonica, di cui apprezziamo moltissimo suoni e testi; o come i Ministri, con i quali abbiamo avuto l’onore di condividere il palco nel 2010.

Come nascono le vostre canzoni, chi scrive i testi e perché avete scelto la lingua italiana per i vostri pezzi? Di cosa parlano le vostre canzoni?

Abbiamo scritto anche in inglese, ma l’italiano ci dà la possibilità di esprimerci in modo più fluido, utilizzando il linguaggio in maniera più naturale e vicina a noi. Inoltre vogliamo che il testo sia comprensibile a tutto il nostro pubblico (che per ora si ferma alla sola componente italiana). I nostri testi (scritti principalmente dal batterista Fabrizio Lettieri) parlano di situazioni, di momenti quotidiani e di personaggi. Non vogliamo tanto raccontare storie, ma cerchiamo di offrire all’ascoltatore una serie di emozioni e sensazioni in cui si possano immedesimare, evitando di entrare in campi ideologici o politici. Quelli non ci interessano, almeno per il momento.

A giorni dovrebbe uscire il vostro primo album, potete svelarci il contenuto? Con chi avete
- Foto Matteo Grazzi
collaborato, dove avete registrato?

Eh sì, il 5 giugno presenteremo il nostro primo disco Buongiorno Mondo” al Bar Verdi di Trento insieme ai nostri amici Maltese (che presenteranno a loro volta il loro primo EP “Che mondo sarebbe”). Fare questo disco è stato entusiasmante: abbiamo registrato presso lo studio Discograficamente di Luca Valentini, che con la sua grande esperienza è riuscito a valorizzare al meglio il nostro suono. Il disco contiene otto tracce originali, tra cui anche Circus Fantasy, pezzo con il quale abbiamo raggiunto la semifinale di Upload 2013. I brani dell’album sono tutti in lingua italiana e passano da melodie vicine alla musica balcanica a ritornelli di rock piuttosto pesante, fino a pezzi più delicati e piuttosto “pop”, il tutto mescolato a ritmi in levare e trombe squillanti. C’è da divertirsi per tutti. 

Al Bar Verdi di Trento
Come avete registrato il video di Skaramanzia? Avete in programma di far uscire un nuovo video per l'uscita del cd?

Il video di skaramanzia è uno splendido regalo fattoci dal nostro amico Emanuele “Scimmia” Girardi, che, dopo aver contattato e invitato tutti i nostri amici, ha effettuato le riprese insieme a Enrico “Chicco” Fedrizzi, Carlo Cristoforetti e Tommaso Poda. Noi non abbiamo fatto nulla, sono stati Emanuele e i nostri amici ad organizzare il tutto (e non è stato così semplice!). ne è uscito un bel video, simpatico e vivace, dove ampio spazio è dato a coloro che ci seguono ad ogni concerto. Anzi, cogliamo ancora una volta per ringraziare tutti coloro che hanno collaborato. Ci piacerebbe poter ripetere a breve l’esperienza della registrazione di un nuovo video, ma per ora non abbiamo ancora deciso nulla.

Che esperienza è stata per voi quella di suonare al MEI nel settembre 2012? Avete avuto feedback positivi?

Per la prima volta ci siamo spinti così lontano per un concerto, e questo è già di per sé un traguardo. È stata un’esperienza emozionante e formativa: abbiamo soprattutto constatato che uscire dal proprio territorio e confrontarsi con band provenienti da tutta Italia offre innumerevoli spunti per migliorarsi qualitativamente. Certo, è stata un’esperienza bella. Ciononostante non è stata molto utile per creare dei contatti oltre-regione: abbiamo suonato molto tardi e davanti a poca gente e le nostre aspettative di fronte ad un festival così importante non sono state pienamente soddisfatte.

Quali progetti avete per il futuro, come pensate di promuovere il vostro cd? Pensate di partecipare
Foto Matteo Grazzi
ad altri contest? I contest possono servire per promuovere la musica e dare la possibilità a band emergenti di farsi conoscere ad un pubblico più vasto?


I contest sono indubbiamente una buona vetrina per poter promuovere la propria musica e servono innegabilmente anche a confrontarsi con gli altri. Ma non bastano per crescere musicalmente e non devono essere fatti solamente ed esclusivamente con l’idea di vincere. Ci sono tanti fattori che determinano la vittoria e spesso è difficile riuscire a valutare la qualità di due band con generi differenti, strumenti differenti, obiettivi musicali differenti. Detto questo, noi partecipiamo sempre volentieri ai contest, anche perché sono le occasioni più grandi per poter lavorare su ogni singolo particolare del proprio repertorio, trovando soluzioni che altrimenti non sarebbero state pensate. Ovviamente continueremo anche a cogliere ogni occasione per suonare in pubblico, per far girare la nostra musica il più possibile.


A proposito della musica in regione, secondo voi gli spazi per suonare sono sufficienti o si potrebbero promuovere nuove iniziative per raggiungere un più vasto pubblico favorendo lo scambio di musicisti tra trentino, alto adige e tirolo? Se si, cosa si potrebbe fare?

Al di là della retorica, lo scambio fra band di diversi contesti è fondamentale. Non solo per la crescita musicale, ma anche per conoscere i diversi contesti e prendere in prestito nuove idee che possano incrementare ancora di più la musica nel proprio contesto geografico. In questo senso Upload è perfetto: crea una rete di relazioni enorme e sprona tutte le band trentine, altoatesine e tirolesi a migliorarsi sempre di più, offrendo un’innumerevole quantità di spazi per fare musica.

Nei vostri live il pubblico si diverte molto. E' la vostra musica che rende tutti più allegri o siete voi i primi a divertirvi e a riuscire a trasmettere il vostro divertimento al pubblico?

Dovremmo chiederlo al pubblico! Indubbiamente noi ci divertiamo moltissimo a suonare insieme e siamo felici se il pubblico si diverte insieme a noi e che apprezzi la nostra musica e il nostro modo di esprimerla.

 https://www.facebook.com/pages/Sunday-Drivers/409281212432999